Un settore che dà lavoro a più di 575 mila persone e che vale oggi 88 miliardi di fatturato, 22 miliardi di valore aggiunto, ossia l’1,5% del valore aggiunto nazionale. Sono questi i numeri dell’economia circolare in Italia, come emerge dalla ricerca “L’economia circolare in Italia - la filiera del riciclo asse portante di un’economia senza rifiuti”, presentata a Roma il 29 novembre scorso. Lo studio, commissionato da Conai con i consorzi nazionali per il riciclo degli imballaggi (Cial, Comieco, Corepla, Ricrea) e dal Gruppo Cap, il gestore del servizio idrico della Città metropolitana di Milano, presenta un’analisi completa che risponde ai numerosi quesiti relativi all’effettiva diffusione nel nostro Paese di un sistema industriale, produttivo e sociale non più votato allo spreco ma alla circolarità di beni e prodotti.
Secondo la ricerca, in Italia, solo nel 2017, è stato avviato a riciclo il 67,5% dei rifiuti di imballaggio immessi al consumo sull’intero territorio nazionale, per un totale di 8,8 milioni di tonnellate di rifiuti, valore in crescita del 3,7% rispetto al 2016. Considerando anche la quota di imballaggi destinata a recupero energetico, lo scorso anno 10,2 milioni di tonnellate di rifiuti da imballaggio sono stati valorizzati. Ciò significa che otto imballaggi su dieci sono oggi sottratti alla discarica e trasformati in nuove materie prime ed energia da reimmettere nei cicli produttivi.
Il nuovo pacchetto di direttive europee sull’economia circolare segna un passaggio importante anche per il sistema di gestione dei rifiuti da imballaggio in Italia fissando ambiziosi obiettivi di riciclo al 2025 e 2030. L’Italia è già sulla buona strada: con il 67,5% raggiunto nel 2017 ha già superato il nuovo target europeo fissato per il 2025 e non è distante dall’obiettivo del 70% da raggiungere entro il 2030.
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